Contents
- 1 Alcuni esempi tipici:
- 2 Quando si trova al cospetto di un individuo del genere, l’individuo medio tende a rispondere con una di queste modalità tipiche:
- 3 Rispondere all’aggressività con l’aggressività.
- 3.1 In altre parole, ognuno dei due o più litiganti rispecchia il comportamento dell’altro:
- 3.2 E’ ovvio che una volta intrappolati in una dinamica di questo tipo le opzioni sono due:
- 3.3 Nel momento in cui l’altro manifesta la sua ostilità, le opzioni base per l’individuo medio sono sostanzialmente due:
- 4 Rinunciare alla lotta. L’atteggiamento passivo.
Escalation nelle aggressioni, il pericolo in arrivo!
Anche banali discussioni possono esplodere in violenza se non si arresta l’escalation al principio.
Il pericolo dell’escalation nelle aggressioni non è qualcosa di sconosciuto e tutti sanno almeno in teoria che cosa è un’escalation perchè l’hanno vissuta o vista accadere nella loro vita.
Per escalation (in italiano traducibile come “scalata”) si intende un processo di crescita progressiva e accelerata di un fenomeno o di un evento; il termine anglosassone deriva dal concetto di “escalator” e chiaramente in base al contesto assume un significato diverso o se vuoi specifico come nel caso della difesa personale.
Ti è capitato di assistere a discussioni banali dove nessuno dei due vuole cedere e si va avanti fino a gridarsi le cose peggiori addosso che non c’entrano neanche con la discussione se non peggio arrivare alle mani.
Accade tra gli stati fino ad arrivare alla guerra, accade tra i politici che arrivano a picchiarsi in aula, accade tra parenti nelle famiglie, tra amici nelle feste o in vacanza, ecc.
Se non accade subito qualcosa che induca gli uni e gli altri alla ragione, prima o poi l’azione più cruenta e violenta avrà il sopravvento, con ferite, lutti, discussioni e situazioni non piacevoli per tutti.
Per tutte le persone, che si tratti di capi di stato o persone comuni il copione non è diverso, certo mancano gli eserciti e i corpi diplomatici, i giornalisti e i tempi sono diversi ma l’escalation nelle aggressioni pur dai connotati più semplici segue lo stesso principio:
“ci si accapiglia per un motivo qualsiasi come un parcheggio, una questione condominiale, ecc. , ci si fronteggia impettiti parlando poi urlando sempre più forte e sempre più vicini, ad un certo punto iniziano spintoni e, subito dopo, volano le botte (o le coltellate)“.
Lo scenario più conosciuto delle escalation nelle aggressioni
E’ uno scenario talmente noto a tutti, che questo meccanismo può senza dubbio essere considerato il percorso standard nel 90% delle aggressioni da strada o in famiglia.
Ebbene si, spesso è proprio tra le mura domestiche accade che ci si ficchi in diatribe e discussioni senza soluzione, dove l’unico scopo non è la soluzione di un problema, ma la salvaguardia del proprio EGO, del proprio orgoglio personale, quando non il tentativo più o meno cosciente di umiliare, offendere, distruggere l’altro.
Tutte le escalation iniziano quando in un conflitto almeno uno dei contendenti si pone in una posizione aggressiva rispetto all’altro.
In altre parole esiste, da parte di uno o entrambi, il desiderio di prevalere e di far valere il proprio punto di vista a prescindere da quello altrui.
Alcuni esempi tipici:
- Vuole aver ragione a tutti i costi
- Vuole soddisfare prima le proprie esigenze
- Si disinteressa dello stato d’animo altrui
- Non è incline ai compromessi
- E’ rigido, inflessibili
- Colpevolizza gli altri
- Ha un atteggiamento invadente
- Non si prende mai la sua responsabilità
- Attribuisce ad altri i propri errori.
- Intenti criminali (naturalmente)
Quando si trova al cospetto di un individuo del genere, l’individuo medio tende a rispondere con una di queste modalità tipiche:
- Assumendo a sua volta un atteggiamento aggressivo.
- Rinunciando a lottare con la logica della “resistenza passiva”.
- Assumendo un atteggiamento assertivo.
Rispondere all’aggressività con l’aggressività.
Questo è l’atteggiamento tipico dei “duri“, dei “veri uomini” (ma non solo…): quelli (o quelle) che di fronte alla prepotenza innalzano il vessillo dei principi e della giusta causa (ha cominciato lui per primo!).
L’orgoglio a tutti i costi e anche una troppa autostima, pensare di essere un super eroe, ecc. (spesso chi ha questo atteggiamento non si è mai pestato o fatto combattimento anche sportivo quindi ha una visione della realtà sfalsata).
Tecnicamente parlando, per coloro che si interessano di psicologia della comunicazione, si tratterebbe di una forma comunicativa di tipo simmetrico.
In altre parole, ognuno dei due o più litiganti rispecchia il comportamento dell’altro:
- aver ragione con il volere aver ragione,
- rigidità con rigidità,
- violenza con violenza.
E’ ovvio che una volta intrappolati in una dinamica di questo tipo le opzioni sono due:
- rinunciare alla lotta, subendo l’umiliazione della sconfitta.
- “andare fino in fondo” con tutte le conseguenze del caso, fare del male all’altra persona o essere pestati a sangue.
Ora questo semplice meccanismo è conosciuto a tutti e basta il buon senso per capirlo ma la propensione a reagire in modo aggressivo all’aggressività di un altro individuo sembra essere una caratteristica innata nella maggioranza delle persone.
In questo modo decine di malcapitati si cacciano imperterriti nei guai semplicemente ignorando, o fingendo di ignorare, che ogni volta che si inizia la strada del confronto ad un certo punto ci si dovrà pur fermare, e invece no, si va avanti, si insiste, non si vuole cedere e quindi, se nessuno dei due cede si arriva alla violenza fisica oltre che quella verbale.
Il fatto è che questo punto non è mai noto a priori: che ci si limiti a urlare, si arrivi a tirarsi i piatti, o a strozzarsi a vicenda, spesso è una cosa che si scopre solo a cose fatte.
Forse il problema sta nella carenza di scelte che si pensa di avere in quel momento, in realtà le scelte sono molte ma tu senti di avere solo una direzione.
Nel momento in cui l’altro manifesta la sua ostilità, le opzioni base per l’individuo medio sono sostanzialmente due:
- reagire, come abbiamo visto,
- oppure subire se ci si rende conto che è impossibile lottare.
Rinunciare alla lotta. L’atteggiamento passivo.
Rinunciare alla lotta è un’opzione tanto più praticata quanto più esiste, o si crede che esista, una disparità di forze, di potere, di autorità rispetto all’altro.
Di fronte ad una situazione di evidente inferiorità, il non fare nulla, la cosiddetta “resistenza passiva” può essere una scelta finalizzata al “limitare i danni”: insomma, se il prevaricatore ottiene subito quello che vuole, la smetterà, vero?
Niente affatto.
Può darsi il caso in cui di fronte ad un rapinatore armato, la cosa migliore sia consegnare il portafoglio, sperando che non voglia altro e può anche funzionare ed è quello che ti consiglio di fare ma in molti altri casi, però, un comportamento passivo non è affatto garanzia di limitazione dei danni, anzi.
Un atteggiamento arrendevole e rinunciatario, spesse volte, alimenta l’escalation nel senso che il violento, l’aggressivo, si sente libero di sfogare tutta la sua aggressività e il proprio ego impunemente.
Le mogli arrendevoli non prendono meno botte dai loro mariti violenti, anzi, nel tempo le cose peggiorano.
Sempre per chi si interessa di psicologia della comunicazione, un comportamento remissivo riflette una forma comunicativa di tipo complementare: avviene cioè tra individui che non si trovano sullo stesso piano per funzione, ruolo, autorità.
- Inutile dire che un rapinatore con una pistola ha una posizione di superiorità in termini di forza “persuasiva”.
- Stesso dicasi di un marito violento,
- oppure di un capoufficio prevaricatore,
- ecc.
Purtroppo, di fronte a individui del genere non esiste alcuna garanzia che fare gli agnellini, serva a non peggiorare le cose:
- Il marito manesco e frustrato, magari in preda ai fumi dell’alcol, potrebbe dar sfogo a tutto il suo disprezzo per sé proiettato sulla moglie, considerandola una rammollita incapace.
- Il malintenzionato di turno, uno stupratore, potrebbe fare semplicemente ciò che gli pare.
- Il capoufficio prevaricatore, di fronte ad un atteggiamento remissivo e irresoluto, non farebbe altro che confermare a se stesso l’inettitudine e la disistima per il proprio dipendente…
Quindi la soluzione passiva è sconsigliabile con alcuni individui anzi rischiano di peggiorare la situazione.
Quindi quale è la comunicazione consigliabile nella maggior parte dei contesti?
L’atteggiamento assertivo.
Comunicare e comportarsi in maniera assertiva
Insomma, quando ci si trova al cospetto di una situazione di conflitto interpersonale, ogni tipo di reazione sembra essere sbagliata.
Vero?
Vero, soprattutto se si insiste a privilegiare l’opzione di reagire a quella di pensare.
In caso di conflitto, iniziato o imminente, non esiste solo la reazione aggressiva o passiva.
E’ possibile agire secondo una logica assertiva, basata cioè su un duplice obiettivo:
- la salvaguardia di sé e
- la possibilità per l’altro di abbandonare la scena (o abbandonare il suo atteggiamento aggressivo) senza che si senta sconfitto o umiliato.
Il concetto di assertività e le sue applicazioni sono il fondamento sui cui si basa il processo di de-escalation, ovvero tutto ciò che si deve fare per bloccare sul nascere un percorso di escalation nelle aggressioni.
Combatti solo se strettamente necessario.
Impara le tecniche di de escalation per evitare le aggressioni.
Stay Tuned! Self Defence is not a game!
Street Fight Mentality
Andrea