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Il training psicologico nella difesa personale.
Nella difesa personale la tecnica può essere inutile senza un training psicologico perchè lo stato emotivo di una aggressione o una minaccia che arriva in un momento qualunque della tua giornata può nonostante la tua preparazione portare a bloccarti o a non mettere il giusto livello di aggressività o sottovalutazione del pericolo.
Oggi se cerchi nel web, nelle bacheche e negli annunci su internet è pieno di corsi di difesa personale che ti promettono in poco tempo di apprendere tecniche di difesa in caso di aggressione ma non è solo una questione di tecniche la difesa personale.
Tu hai mai imparato qualcosa di estremamente complesso e con variabili praticamente infinite in poco tempo?.
Ecco, ti stanno promettendo quello! E sai la cosa peggiore?
Senza conoscerti.
Se vuoi crederci sei libero/a di farlo, ma sai perchè fanno quello?.
Perchè fortunatamente le possibilità che tu venga aggredito/a sono molto basse e magari anche se avrai questa sfortuna sarà passato tanto tempo, non ti sei più allenato/a e quindi ti sei dimenticato/a quello che avevi imparato non pensando che forse non è colpa tua, ma di quel metodo formativo assurdo e inutile basato su un mix ti tecniche prese qua e là, decontestualizzate e senza un “contatto” diretto con la realtà.
L’apprendimento di tecniche di autodifesa è sostanzialmente inutile se non è sostenuto da un adeguato training psicologico.
Non è sufficiente allenarsi in un corso di difesa personale per essere in grado di affrontare un aggressore per strada.
L’esperimento della Rocky Mountain Combat Application Training
L’esperimento marziale della Rocky Mountain Combat Application Training (RMCAT), con sede in Colorado nonostante la limitazione del test è stato uno dei primi approcci scientifici a sostegno di questa tesi.
Ora voglio fare assolutamente una premessa, non significa che questo esperimento fornisce una verità assoluta, non è così ma offre comunque degli spunti di riflessione utili che sono importanti in un conflitto contro un aggressore e anche se presenta molte criticità è comunque un lavoro che consiglio di praticare anche nelle palestre con le dovute protezioni per capire esattamente che cosa significa e non scrivere stupidi commenti senza aver provato test di questo tipo.
Ora per tornare sull’ esperimento, la dinamica del test consisteva nel ricreare alcune situazioni in cui alcuni volontari esperti di diverse arti marziali vengono messi a turno davanti ad un “picchiatore da strada“.
Quest’ultimo portava una maschera per non essere riconosciuto e il suo compito era quello di procedere con insulti e minacce e i praticanti di arti marziali non potevano però fare nulla fino a quando il balordo non avesse tentato di attaccarli.
Ora già da questo potete capire che si parte da una condizione di svantaggio perchè non puoi anticipare l’aggressore, ma .. non è proprio così come lo raccontano perchè sei tu che devi fare “il tuo lavoro”.
I risultati del test sono stati sconcertanti: la maggior parte dei volontari non ha saputo gestire la tensione psicologica causata dalla rabbia, prima verbale e poi fisica, del soggetto in maschera.
Quasi tutti sono stati sopraffatti dal picchiatore da strada, non riuscendo per nulla a mettere in pratica i principi e le tecniche della loro arte marziale.
Come se non bastasse, i volontari non erano pivelli alle prime armi: si trattava di cinture nere, istruttori e maestri.
La conclusione della Rocky Mountain Combat Application Training (RMCAT):
Le arti marziali non sono efficaci nella difesa personale.
Ora considerate che dietro questo test c’è anche molto marketing ma anche molti punti di spunto e riflessione.
La conclusione è esagerata nel senso che non è l’arte marziale in se ma la non abitudine a operare in un determinato contesto e su dinamiche differenti e quindi tu se pratichi arti marziali dovresti testare una situazione “critica”.
Il “picchiatore mascherato dell’esperimento”, oltre appunto alla maschera, era bardato di protezioni su tutto il corpo perché i praticanti di arti marziali dovevano essere lasciati liberi di essere più efficaci possibili senza limitarsi.
Dunque i ragazzi del test sapevano a cosa andavano incontro ma avevano tutti anche un grosso limite, non sapevano quando sarebbero stati attaccati durante il diverbio verbale e non potevano attaccare fino a quando l’aggressore partiva.
Questo svantaggio non è poco, ma se non adotti una corretta posizione difensiva diventa difficile riuscire a resistere a un assalto furioso e aggressivo perchè lo stai subendo visto che non puoi partire per primo.
Altre critiche sull’esperimento come il peso dell’aggressore, le sue capacità, ecc. non hanno senso perchè sono delle variabili che devi tenere in conto per la strada, è uno sconosciuto che può essere un cretino come un esperto, ma comunque l’esperimento consisteva anche in questo e se si tratta di un esperimento di difesa personale seppur con delle limitazioni le regole stanno a zero.
Ps. Nella mia formazione e nel mio metodo ci sono dei protocolli di qualificazione periodici dove si fanno simulazioni molto provanti come su scariche di pugni e calci perchè servono sia per te che lo subisci per non spaventarti e sapere come reagire che quando fai l’aggressore per portare un attacco senza pietà (attenzione caschetto e protezioni complete).
- Test01 – Discussione verbale contro uno ma devi aspettare che attacca
- Test02 – Discussione verbale contro uno ma puoi partire quando vuoi
- Test03 – Discussione verbale contro due ma devi aspettare che attacca
- Test04 – Discussione verbale contro due ma puoi partire quando vuoi
- Test05 – 30Kg di differenza
- Test06 – 3 contro 1
- Test07 – Bastone contro mano nuda
- Test08 – Knife o bottiglia contro mano nuda
- Test09 – Minaccia da arma da fuoco
- Test10 – Contesto variabile (luogo, luce, clima, abbigliamento, ecc.)
Ps. Questi sono solo alcuni aspetti di test che sono necessari per iniziare a comprendere alcuni meccanismi. All’inizio sbaglierai ma ogni errore è una lezione importante è in un ambiente controllato puoi sbagliare e imparare da questi errori.
Da questo esperimento si deducano alcune cose:
- Chi parte per primo ha un grosso vantaggio.
- La variabile psicologica dove le arti marziali non sono pronte a gestire gli insulti e le minacce vere e aggressive di un “uomo della strada” che li distrae dal vero pericolo.
- Anche se le arti marziali spacciano come semplici alcune azioni, ad esempio non è facile usare colpi “scorretti” ai genitali, agli occhi e alla gola, per essere efficaci richiedono una precisione importante.
Non basta girare armati, apprendere un’arte marziale, aver frequentato un corso di autodifesa per poter dire “mi so difendere“.
Chi dice così, semplicemente, non si è mai trovato veramente nei guai e sta coltivando pericolose e false sicurezze.
Non basta allenarsi duramente, magari per anni, a tirare pugni e calci ad una sacco, o fare sparring con i compagni in palestra.
Non basta nemmeno munirsi di armi varie (legali o meno) per essere in grado di difendersi.
Perché quando si affronta la realtà, magari rappresentata da un vero picchiatore da strada o da un bandito armato, lo scenario per il quale credevamo di essere preparati, cambia totalmente.
Il problema non sono le tue capacità tecniche ma le tue capacità psicologiche!
E così leggiamo i casi di istruttori di arti marziali, o comunque di praticanti avanzati, come cinture nere o simili, i quali nel momento della verità, magari nel sottopassaggio della stazione, hanno sperimentato un’umiliante incapacità di reagire efficacemente e subendo l’aggressione.
Ripeto! Il problema non era la loro conoscenza tecnica ma la loro preparazione psicologica.
Negli storici di aggressioni le performance di alcuni operatori di sicurezza armati o vittime di aggressioni con strumenti per la difesa sono risultate inutili:
- Qualcuno è riuscito a spararsi su un piede nel convulso tentativo di tirare fuori l’arma.
- Certi portatori di coltello, o di spray accecante, nemmeno sono riusciti a estrarre dalla tasca il marchingegno, disorientati e sotto shock com’erano.
- Alcuni sotto l’effetto del panico, si sono addirittura dimenticati di averlo appresso, salvo ricordarsene a cose finite…
Cos’è successo quindi?, perché persone tecnicamente preparate a difendersi (almeno sulla carta) hanno dato una prova così deludente?.
La risposta è complessa e risiede sia nell’aspetto “cognitivo” che in quello psicofisico e caratteriale della vittima.
Un esempio di qualche settimana fa, durante un incontro di Muay Thai uno dei due fighter ha colpito da dietro alle spalle l’avversario in maniera lecita ma anti sportiva.
Uno spettatore è salito e ha aggredito il fighter che ha avuto una reazione scomposta, sorpresa, impaurita eppure si trattava di un fighter ancora pieno di carica di adrenalina e che sa combattere, eppure la sua reazione è stata di sorpresa, remissiva.
Ha subito l’aggressore e solo l’intervento dell’angolo e della sicurezza ha stoppato l’azione dello spettatore.
Eppure si trattava di un fighter preparato, ma non ha un contesto improvviso, non abituale e senza regole.
Sicuramente se ora ricapitasse sarebbe diverso, ma .. non ricapiterà o molto difficilmente.
Per quanto riguarda il problema cognitivo, il più delle volte è mancata la conoscenza dei rituali di attacco del combattente da strada e il fattore sorpresa ha giocato a sfavore della vittima.
In palestra, difficilmente vengono affrontati questi argomenti dove prima di un combattimento ci si saluta, a volte ci si da la mano, poi inizia un duello leale, con tanto di regole ed un arbitro che garantisce sul loro rispetto.
Per strada non è così.
La prima regola è che non ci sono regole e poi il rituale che porta allo scontro il più delle volte è nascosto, subdolo, improvviso, rapido.
Se non conosci questo rituale, ti trovi a chiederti se quello ha veramente intenzione di attaccarti, e mentre te lo chiedi ti arriva un pugno in faccia che ti stende.
Nelle palestre, così come nei corsi di autodifesa, troppo spesso si allenano le persone a reagire all’aspetto “fisico” dell’aggressione.
L’istruttore dirà “Ecco, lui ti afferra così, tu ti giri e colpisci con il gomito…ecc.”, per fare un esempio.
Tecnicamente sono informazioni che ti servono e che vanno allenate, anche se nel mio metodi di allenamento non utilizzo pacchetti preconfezionati perchè quello che serve sono degli skills che devono adattarsi alla situazione ed è per questo che non esiste una tecnica singola di risposta a un determinato tipo di aggressione, non può essere così perchè anche qui devi imparare ad adattarti al contesto.
Il problema è quello di agire prima di dover reagire e ciò è possibile solo giocando d’anticipo, capendo al volo che tipo di avversario vi trovate di fronte ed in che modo agirà.
Quando ti trovi dentro una aggressione forse è già troppo tardi e ti spiego perchè.
Purtroppo, nessun delinquente ti attaccherà cercando di darti il vantaggio del tempo di reagire o capire cosa sta per succedere.
Il suo attacco sarà sempre subdolo, mascherato, vigliacco, proprio per sorprenderti.
Per fare questo ricorrerà alla sorpresa e per avere la sorpresa dalla sua parte, ricorrerà all’inganno.
Per questo un ruolo importantissimo è dato dalla lettura ed interpretazione del linguaggio del corpo, l’unico in grado di darci indizi attendibili sulle vere intenzioni dell’altro.
L’incapacità di riconoscere i segni premonitori di un attacco, farà sì che la vittima, magari reduce da mesi di allenamento in palestra, si trovi KO ancora prima di realizzare che l’aggressione è in corso.
Un altro aspetto fondamentale è la sostanziale impreparazione delle maggior parte delle persone nel fronteggiare le reazioni psicofisiche legate alla paura.
Vivere al riparo della società civile, o almeno nella presunzione che sia così, ha di fatto ridotto la tua abitudine a fare i conti con questa emozione primaria.
Il risultato è che, quando ci imbattiamo in situazioni di pericolo, non abbiamo più schemi adeguati per farvi fronte.
Allora è normale sperimentare paralisi e indecisioni che possono risultare disastrose quando, invece, sarebbero richieste reazioni immediate e risolutive, con un livello di violenza incredibile o una fuga immediata se possibile, come fanno gli animali.
Le persone che cadono vittime degli eventi, facilmente rimangono disorientate e bloccate a causa dei sintomi fisiologici che si accompagnano alla paura intensa:
- dispnea,
- tremori,
- tachicardia,
- secchezza delle mucose,
- limitazioni del capo visivo (il cosiddetto “effetto tunnel”),
- rigidità dei movimenti,
- fino alla paralisi,
- ecc.
Addestrare una persona a combattere la paura è qualcosa di complicato perché ognuno di noi reagisce in modo diverso alle diverse situazioni di pericolo e perché ognuno di noi ha una soglia di sopportazione diversa rispetto agli eventi stressanti.
Ci sono persone che precipitano nel panico di fronte a stress moderati, come il parlare in pubblico, o chiedere il numero a una ragazza e che poi sembrano reagire con freddezza a situazioni di rischio estremo.
Che si tratta di incoscienza o sottovalutazione del pericolo quello che conta è la corretta risposta che permette di salvarti la vita.
La complicazione maggiore è data dal fatto che per imparare a vincere la paura l’unico mezzo realmente valido è… provare paura più e più volte, in modo da diminuire la tua sensibilità verso quest’emozione primaria.
Una sorta di “vaccinazione”, quindi, che passa attraverso la presa di coscienza delle nostre reazioni di fronte al pericolo.
Va da sé che è praticamente impossibile riprodurre in un corso di autodifesa la situazione di stress emotivo che si genera durante un’aggressione, senza far correre seri rischi all’allievo.
L’addestramento a vincere la paura rappresenta quindi una delle sfide più ardue per chi si occupa di formare le persone all’autodifesa.
Un altro aspetto importante è quello legato agli aspetti caratteriali ed educativi della persona.
In questo senso, il combattente da strada ha caratteristiche ben precise e non possederle rappresenta uno svantaggio incolmabile, quando si deve combattere per la vita.
E’ inutile possedere un’arma, avere il miglior addestramento tecnico, sapere controllare la paura se poi, al momento della verità, esiterete perché non vuoi fare male o vi ripugna storpiarlo e ferirlo gravemente, vedere schizzare il sangue dal naso del vostro avversario, vi fa ribrezzo l’idea di infilargli un dito in un occhio per cavarglielo oppure rompergli un braccio.
Purtroppo, un protocollo di autodifesa efficace, specialmente quando esiste un forte divario di forze come nell’autodifesa femminile, prevede quasi esclusivamente tecniche “sporche” che richiedono l’uso di una violenza, di fare cose che vanno al di là della concezione della maggior parte delle persone.
Saper coltivare nell’allievo un’aggressività feroce e priva di inibizioni, il cosiddetto “killer instinct“, è il compito più difficile e delicato di un istruttore perchè non si tratta di qualcosa di fisico e tecnico ma di una modifica e adattamento psicologico al contesto che deve avvenire in un istante una volta che è “sentito” il segnale rosso.
Solitamente questa tipologia di formazione viene data a gruppi e reparti militari.
Ora non si tratta di trasformare persone miti e socievoli in assassini abbruttiti, ma si tratta di far sì che l’allievo sappia scatenare la propria violenza in modo finalizzato, ovvero in un contesto in cui la sua sopravvivenza è a rischio.
Si tratta di riprogrammare la tua reazione quando viene stimolata da determinati input esterni.
Come puoi intuire si tratta di un compito che richiede molta responsabilità, non per tutti, sempre in bilico tra il rischio di fornire un training troppo blando, superficiale e quello di trascendere, andare oltre con il rischio di creare nuovi e pericolosi disadattati sociali e psicologici.
Ora pochissimi corsi di autodifesa sono in grado di fornire soluzioni convincenti per imparare a fare tutto questo, perchè richiedono delle competenze non comuni.
Alcuni istruttori sostengono di addestrare e non allenare.
La differenza è evidente:
- chi allena pensa ai muscoli e ai riflessi,
- chi addestra pensa alle situazioni e alle circostanze.
Serve un mix ma più sbilanciato verso la seconda visto che si parla di difesa personale e non di combattimento sportivo.
In un caso o nell’altro quasi nessuno pensa alla singola persona e al suo personalissimo modo di rispondere alla paura, alla sua capacità di utilizzare al meglio le sue risorse oppure al suo rimanere interdetta e non riuscire a reagire.
Per questo il ruolo dell’istruttore diventa fondamentale perchè deve riconoscere la singola persona e non una classe di allievi, perchè ognuno di loro ha una sua psicologia e reazione di fronte alla paura, alla cattiveria, alla violenza, ecc. e su ognuno è necessario costruire un percorso personalizzato.
Gli istruttori che continuano a credere di insegnare le loro tecniche per:
- cavare occhi,
- castrare a pedate stupratori usciti dall’ombra,
- disarmare le mani di un aggressore armate di coltello (aiuto!!!)
- o di disarmi da pistola (aiuto!!!),
- ecc.
magari tentando e dicendo di rendere “realistico” il loro allenamento (o “addestramento” secondo i più convinti) inondando i loro allievi di adrenalina allo stato puro, ottenuta con ritmi forsennati o colpi sferrati a piena forza, gridandogli in faccia come se correre il rischio di rimanere con debito di ossigeno in palestra fosse lo stesso di una minaccia di coltello di uno sconosciuto davanti alla faccia dentro la metropolitana, o di un pestaggio in strada di due tossici, o di un “vero” stupro…
No, non è la stessa cosa e non lo sarà mai.
Il panico è una cosa seria, e non lo si otterrà mai in un contesto “amico”, dove tutti sono pronti ad aiutarti e pronti a soccorrerti nel caso in cui dovessi soccombere all’allenamento (o addestramento) “realistico”.
Nessuno è in grado di riprodurre in modo “legale” un contesto che sia lontanamente realistico in una palestra: ci vorrebbero le vie di uscita chiuse, nessuna protezione, un istruttore sadico che non interviene, e uno che gli stai veramente sulle palle che vuole fartela pagare o che vuole il tuo telefono, in pratica uno motivato a farti del male se non fai come vuole lui e in più questo deve avvenire quando non te lo aspetti in un giorno qualunque di lezione e in un punto qualsiasi (palestra, bagno, parcheggio, ecc.) .
Allora forse si, che se ne esci vivo, tutto d’un pezzo e non definitivamente traumatizzato, puoi dire che hai più o meno capito cosa succede, ma questa è qualcosa che non si può fare e significa farsi male.
Idealmente, un istruttore professionista deve essere una specie di trainer in grado di rinforzare ed allenare anche gli stati emotivi e psicologici legati al combattimento e alle aggressioni che stanno sotto ai muscoli dell’allievo.
Anche questo fa parte dell’allenamento nella difesa personale.
Ci sono persone che hanno una reazione allo stress più accentuata di altri e che quindi hanno più difficoltà a gestire gli stati di paura.
Alcune persone sono da sempre vissute in un ambiente iperprotettivo e non hanno sviluppato un adeguato spirito di iniziativa.
E’ naturale che persone così si trovino in difficoltà quando la situazione diventa critica, la capacità di improvvisazione e la mentalità di cavarsela da fuori può fare la differenza.
In ultimo, soprattutto se si tratta di difesa personale femminile o di soggetti che hanno una insicurezza cronica, che si sentono fisicamente poco prestanti, c’è un aspetto di fragilità ed insicurezza che rende più difficile a certe persone ad affermare il proprio diritto di esistere e di affermarsi nelle relazioni con gli altri.
Un allenamento “realistico” dovrebbe essere orientato a questi aspetti meno “muscolari” ma non meno essenziali, se l’obiettivo è formarti alla sopravvivenza.
Conclusioni
Se stai facendo un corso di difesa personale dove non c’è questo tipo di formazione rischi di sprecare il tuo tempo e i tuoi soldi senza imparare realmente quello che ti serve.
Se il tuo obiettivo è aumentare le possibilità di imparare a difenderti in caso di una aggressione da strada che ripeto non è lo sparring da palestra con i tuoi amici e partner di allenamento, è fondamentale un training psicologico importante.
Self Defence is not a geme!
Street Fight Mentality & Fight Sport
Andrea
Ciao,in passato ho praticato per alcuni anni muay thai é un Po di boxe. Concordo pienamente con ciò che scrivi.
In queste discipline che ho praticato in effetti non c’era una preparazione psicologica.
Nello sparring gli scambi di colpi erano abbastanza duri, ma avevamo le protezioni e listruttore non permetteva l’uso dei gomiti, perché non eravamo agonisti. Comunque era abbastanza chiaro che benché duro si trattava di sport.
Però, mi è sorto un dubbio, da un Po di tempo vedo dei video di Cicalone di scuola di botte. Un praticante di pugilato che fa video in rete su arti marziali è difesa personale.
Benché questi video sono IRONICI, è a scopo di intrattenimento dicono anche cose fondate
Uno di questi intitolato appunto:” il falso mito del picchiatore da strada che picchia i praticanti di boxe” afferma tutto il contrario di ciò che scrivi, e ripeto io condivido in pieno.
In pratica afferma che questi famigerati picchiatori da strada non possono avere la meglio su Fighter, artisti marziali e pugili ecc perché non sono allenati a portare colpi è perché conducono una vita sregolata, è si tratta solo di una leggenda metropolitana, una mitizzazione appunto di gente che non se ne intende di sport da combattimento. Lo stesso Cicalone in più commenti che invece sostenevano la tesi opposta, cioè ciò che dici tu, ha detto che lui ha visto varie volte praticanti di boxe ecc prevalere su picchiatori belle risse da strada. Magari prova a vedere il video su tuo tube, è poi sarebbe interessante sapere un tuo parere per un confronto. Io condivido la tua tesi, però come in ogni campo anche qui ci sono pareri e pensieri opposti, è io mi sento un Po confuso. Aspetto una tua risposta. Ciao!
Ciao, credo che non si debbano trattare argomenti delicati sulla difesa personale con leggerezza.
Chi lo dice che il picchiatore da strada non è uno che si allena, che non pratica pugilato o altro?
Sono supposizioni, ma il concetto base è allenarsi per il “peggio” non per l’aggressore o rissaiolo ideale.
Non c’è un arbitro che da il via, non ci sono limiti di peso, abbigliamento ideale, spazio, ecc.
In generale quando guardate you tube dovete pensare che dietro c’è molto marketing e un target di persone a cui si rivolgono che nel caso di Cicalone che fa dei video fatti molto bene e divertenti ma rivolto a un pubblico di ragazzini non a esperti del settore o praticanti professionisti che possono venire usati per dare valore al canale.
Se fatto con etica per fare avvicinare i ragazzini al mondo del pugilato e della palestra può essere una bella iniziativa ma poi c’è la realtà della strada e degli sport da combattimento.
Ripeto, non mi piace che vengano trattati argomenti così delicati con leggerezza.
Poi una cosa importante che ti devi chiedere è “che praticante tu sei?”, perché il fatto di fare boxe, kickboxing, o altre arti marziali devi sempre misurarla con te stesso, mi spiego meglio sei uno che tutti temono nella tua palestra o sul ring, tu sei super allenato, sei un duro, ecc. perché non basta andare in palestra per diventare in automatico un picchiatore che tiene testa a un animale in mezzo alla strada.
Inoltre oltre all’aspetto psicologico differente c’è l’effetto sorpresa perché chi vuole picchiarti non te lo dice e un pugno improvviso a mano nuda e una scarica di calcio e pugni a seguire non richiede un super allenamento e se a farlo è uno che pesa 20 kg più di te?
Inoltre non mi sembra che i picchiatori da strada solitamente siano delle mezze seghe altrimenti userebbero degli equalizzatori (armi, bastoni, ecc.)
Attenzione a quello che guardate in You Tube, magari vogliono avere clic e vendervi le magliette non insegnarvi la difesa personale.
Ripeto poi che il prototipo di rissaiolo di oggi non è quello degli anni 80’, oggi la mescolanza culturale derivata dall’arrivo di stranieri da diverse aree del mondo ha portato a metodi e livelli di violenza differenti.
La difesa personale e un tema serio perché stai giocando con la vita delle persone, devi essere conservativo e non puoi mai farti sconti, devi allenarti e formarti per il peggio, se poi hai la sfortuna di essere aggredito, bullizzato, ecc. spera che chi lo fa è uno stupido smidollato ma anche così non sottovalutarlo mai.
Poi caro Antonio, non essere confuso, allenati, impara e metti in pratica con le sessioni di sparring ma se il tuo interesse è la difesa personale oltre lo sport devi considerare che sono le vere MMA e che quindi richiedono un lavoro importante (come ho parlato più volte in diversi articoli), con diverse aree di competenza che devi sviluppare un po’ alla volta, inizia, fai il primo passo in questo mondo ma fai sempr attenzione alla professionalità e alla qualità didattica.
Ciao
ciao andrea condivido pienamente il tuo pensiero .
Ciao, Close Combat, sono tematiche importanti che voglio contribuire a rendere sempre più orientate alla realtà per far sì che diventino sempre più chiare delle dinamiche che vanno al di là della tecnica e degli attributi della persona, perchè lo studio e l’insegnamento della difesa personale ha dietro una importante responsabilità verso se stessi e verso chi vuole conoscere e imparare questa “disciplina”.
Ciao andrea , io ormai pratico difesa personale da oltre 15 anni ho iniziato da piccolo con varie discipline come boxe, kick brasilian ecc ma andando avanti sentivo una irrefrenabile esigenza (sebbene sia sbagliato) di mettere in pratica ciò che studiavo e allenavo. Ovviamente nell’eventuale situazione di difesa e non di offesa.
Quel fatidico giorno arrivò e capii a spese mie la differenza tra una disciplina da combattimento sportiva e quella da contatto reale in strada con tutto ciò che ne consegue.
Capii la vastità del mondo della difesa personale. Iniziai a lavorarci su creando un sistema che man mano Sto perfenzionanai seguendo delle linee guida ben precise.
Insegno da circa 8 anni e il carico di responsabilità durante l’insegnamento si sente al fine di mettere in condizioni i neo praticanti di imparare un sistema semplice ed efficace .e una cosa seria la difesa personale.
Ciao, il fatto che nell’insegnare la difesa personale tu metta attenzione per i tuoi allievi e senso di responsabilità ponendo tematiche orientate a preservare la salute dei tuoi allievi e non a illuderli è per me importante perchè la difesa personale non è sport.
Se leggi il blog come spero che fai, per quanto riguarda la semplicità sai che per me per combattere semplice devi imparare molto ma comprendo che chi segue corsi una o due volte alla settimana per un’ora e mezza il percorso didattico sia diverso soprattutto perchè le persone cercano un risultato immediato che non esiste perchè è legato a un processo.
Uno dei motivi che mi spinge a scrivere il blog è anche una sorta di rieducazione delle credenze orientato a una realtà che nonostante la vastità e la varietà può essere semplice una volta compresi i meccanismi ma quel semplice lo diventa come tutte le cose della vità dopo una pratica intensa e costante.
Anche le cose più complesse possono diventare semplice se praticate costantemente nel tempo!
Se ti fa piacere parlare del metodo che utilizzi scrivimi anche in privato.
Ciao
Andrea